Sappiamo di vivere in case inquinate?
Così come pressoché in tutti esiste la consapevolezza di dover prestare attenzione alle tematiche ambientali, ritenendo che queste abbiano un effetto diretto sulla vita quotidiana, nello specifico quello della qualità dell’aria è uno degli aspetti nei quali si concentrano maggiormente le preoccupazioni.
È ritenuta dagli italiani la tematica ambientale più importante e, a seguito dell’emergenza smog e dell’inquinamento atmosferico, ben il 94% manifesta una preoccupazione che per il 39% è considerata elevata. Ciò risulta da un sondaggio Lorien Consulting realizzato lo scorso anno e che sottolinea il fatto che viviamo con il timore di cosa respiriamo, percependo di vivere in luoghi con alti livelli di smog o alterati nel loro equilibrio.
Il mondo esterno ci appare pieno di insidie e le nostre case appaiono come unici rifugi nei quali possiamo avere un po’ di protezione. Ma le nostre case lo sono realmente? L’aria interna è in qualche modo migliore di quella che respiriamo all’esterno?
Per la maggior parte siamo attenti alla sostenibilità ambientale all’interno delle nostre mura domestiche, buona parte di noi afferma di seguire un approccio virtuoso a tutela dell’ambiente e per permettere un risparmio economico anche significativo. Tuttavia dai nostri gesti appare la non precisa consapevolezza dell’esistenza e dei rischi dell’inquinamento indoor e, di conseguenza, la mancanza di una misura precisa per fronteggiare l’inquinamento dell’aria all’interno delle abitazioni.
Infatti, a risposta degli interrogativi posti, conduciamo la nostra vita in ambienti chiusi che, invece di darci protezione, acuiscono la gravità della nostra salute, lasciandoci respirare aria doppiamente pericolosa perché ai contaminanti che si trovano in quella esterna, intrappolati e accumulati, si aggiungono quelli che si trovano all’interno. Quest’aria è ricca di sostanze tossiche presenti nei materiali da costruzione, nei mobili, nei detersivi e di quelle prodotte da attività come cucinare, asciugare i panni, utilizzare candele. Anche la sola azione di respirare produce CO2 e acqua.
Ecco la dimensione del fenomeno espressa in alcuni punti:
- La United States Environmental Protection Agency (EPA) riferisce che l’aria interna può essere fino a cinque volte più inquinata di quella esterna.
- 80 milioni di cittadini europei vivono in case dove l’aria è insalubre (con elevati livelli di inquinamento domestico).
- Lo studio nazionale sull’inquinamento indoor dell’Istituto Superiore di Sanità afferma che il Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018 ha stimato in 200 milioni di euro l’anno i costi sanitari delle patologie legate all’inquinamento interno.
- Una ricerca condotta dall’Istituto danese di ricerca sulle costruzioni, in partnership con il Consiglio ecologico danese e l’Università di Copenaghen, ha evidenziato che in casa, la stanza più inquinata è spesso la cameretta dei bambini: qui in molti casi c’è la più alta concentrazione di sostanze tossiche vista la presenza di numerosi giocattoli ed elettrodomestici.
A fronte di tutto ciò si fa ben poco per porvi rimedio, se prendiamo come riferimento il fatto che solo il 28% dei cittadini europei esegue più volte i cambi d’aria durante una giornata. Basterebbe una serie di attenzioni in più ma ciò si scontra con uno scarso grado di conoscenza dei rischi e dei pericoli.
Pochi di noi hanno la percezione di quanto tempo passiamo all’interno delle nostre abitazioni. Basterebbe forse comprendere che viviamo il 90 per cento del tempo in spazi chiusi, quasi 22 ore al giorno in ambienti illuminati artificialmente e spesso non areati in modo adeguato, per cominciare a porci qualche domanda.
Invece sottovalutiamo i rischi, credendo di passare solo poco più della metà della nostra giornata in un ambiente chiuso ed i risultati sono che circa l’80% degli italiani non ha conoscenza dei rischi dell’inquinamento indoor, o se ce l’ha appare molto limitata. Il sondaggio effettuato l’anno passato dall’Osservatorio di Sara Assicurazioni e quello condotto da YouGov per VELUX nel 2018 (allargato questo anche in ottica internazionale) conduce allo stesso dato, sintomatico della mancanza di percezione del problema.
E, se un problema non viene conosciuto e di conseguenza percepito, anche la coscienza ambientale non trova ragioni per attivarsi.
Redazione MAG
MAG nr.1, gennaio-febbraio 2019