Essere Project Manager nei mercati globali
Intervista a Pietro Busnelli, Construction e Project Manager, a cura di Bruno Carenini.
Incontrare un manager italiano da sempre impegnato nei mercati globali rappresenta un’importante opportunità di arricchimento e confronto: in questo caso, con Pietro Busnelli, Construction e Project Manager, una trentennale esperienza nella pianificazione e nel coordinamento di progetti in tutto il mondo e attualmente Site Manager presso Maire Tecnimont, l’occasione è altamente propizia per parlare del valore del suo ruolo, di formazione ed esperienze e per cogliere un punto di vista autorevole (nonché offerto da una postazione preferenziale) sul quadro internazionale e le sue dinamiche.
Quando si parla di eccellenze nel mondo, ci si riferisce sempre a prodotti made in Italy e solo in seconda battuta a professioni e a coloro che le esercitano. Il suo ruolo invece, appartiene proprio a questa categoria: cosa significa essere Project Manager italiano nei mercati globali?
Project Manager è un team leader alla guida di un gruppo di persone: riesce a capire le esigenze di un determinato mercato, capisce le tendenze e allo stesso tempo stabilisce dei punti di riferimento ove si cimenta e si rinnova in continuazione per tenere il passo con i tempi.
Un vero professionista italiano fa la differenza grazie al suo innato DNA culturale. Il Project Manager sa gestire con grande abilità, forte di esperienze nella comunicazione, nel saper stimare i rischi e tempi garantendo allo stesso unicità del prodotto o servizi di chi rappresenta, evidenziando qualità e prezzo e rimarcando così l’esclusività a chi acquista.
Brevemente, come nasce il suo essere Manager internazionale? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa professione le chiederebbe un neolaureato in attesa di scegliere il percorso migliore.
Il titolo di Project Manager è un percorso lungo e articolato, un processo formativo che, se acquisito a livello internazionale, porta sicuramente dei vantaggi a livello professionale per se stesso o per chi si rappresenta. Svantaggi non ne vedo, anche perché tale ruolo è il risultato di anni di lavoro fatto con passione, entusiasmo per ciò cui è valsa la pena perseguire come obiettivo primario e soddisfazione personale.
L’assunzione di responsabilità quanto conta e pesa nell’esercizio della sua attività?
Il senso di responsabilità, come del resto in tutte le professioni, è un valore fondamentale; nello specifico il Project Manager deve avere consapevolezza, conoscenza di pregi e difetti del proprio gruppo di lavoro. Sa motivare con grande abilità comunicativa la sua squadra, seppur conoscendone i limiti, e i medesimi si valorizzano e compensano fino ad esaltarne invece qualità che agli occhi di altri diventano un’eccellenza. Tutto ciò è possibile grazie alla capacità di fare team building, valorizzando comunque indistintamente l’operato di ogni singolo attore.
Quale è stato il progetto migliore al quale ha partecipato lungo la carriera?
Revamping di raffinerie, ove si richiede una grande esperienza nella gestione di coordinamento di attività multidisciplinari, ove studi di ingegneria e design a monte sono un elemento fondamentale per capire lo scopo del progetto nella sua interezza. La programmazione dei lavori e la scelta di imprese capaci devono garantire i tempi di completamento oltre i quali altrimenti la messa in esercizio degli impianti potrebbe causare grandi perdite economiche.
Quanto conta il conoscere le lingue e il gestire le relazioni?
La conoscenza di una o più lingue nella gestione delle relazioni internazionali è fondamentale, specialmente se il Project Manager con il suo carisma e competenze riesce a comunicare in prima persona.
La comunicazione diretta stabilisce un’immediata simbiosi con chi ci ascolta, permettendo di stabilire inverosimilmente affinità culturali che sicuramente facilitano e aiutano a gestire con successo anche complesse operazioni imprenditoriali.
Nell’economia di scala, quali grandi Paesi dominano gli investimenti dei settori nei quali partecipa?
Nel settore chimico ed Oil & Gas, in cui opero da oltre tre decenni, i Paesi dove gli investimenti sono sempre un riferimento, almeno per ciò che riguarda le imprese italiane, sono il Sud Est Asiatico, la Russia e Medio Oriente. Un capitolo a parte, a parte qualche eccezione, riguarda l’Africa: ritengo ci siano delle potenzialità enormi in tutti i settori a 360 gradi, aree per le quali società Italiane dovrebbero intervenire con maggiore determinazione portando know-how e sviluppo soprattutto in paesi depressi dove si nasconde un potenziale umano che aspetta solo di essere stimolato partendo dalla formazione nelle scuole.
Stabilire dei punti di riferimento permanenti italiani a supporto, accertandosi della continuità e dei valori sociali, è un fattore determinante a garantire continuità e crescita. I progetti hanno un inizio e una fine, ma oltre tali progetti ce ne sono altri che vengono gestiti da organizzazioni internazionali, a volte abbandonate al loro destino senza una sorta di continuità, per la quale le giovani leve anche degli stessi disoccupati italiani dovrebbero essere coinvolte e stimolate a uscire dalla solita routine.
Quali aspetti positivi alla formazione e crescita ha tratto dalla sua lunga esperienza nel mondo?
La formazione di base obbligatoria nazionale, per poi passare a livelli superiori, è solo il punto di partenza, in quanto la vera scuola è l’estero, inteso come integrazione lavorativa in un mondo estraneo alla nostra cultura di appartenenza e a volte ostico. È qui che emergono le qualità del singolo: sapersi gestire e affrontare problematiche anche esistenziali per le quali sono in gioco il presente ed il futuro della propria personalità. Fare tesoro di ogni singolo istante aiuta a crescere e formare uno stato mentale di sicurezza ineguagliabile e ben superiore rispetto a quello pensato in un contesto solo nazionale.
Esiste una coalizione e cooperazione tra Manager Europei quando si tratta di aggiudicarsi ruoli o gestire progetti in Team? Sappiamo gli italiani essere maldisposti ad operare in squadra ma quando lo fanno divengono i migliori.
Mi risultano essere poche le volte in cui Manager Europei si siano aggiudicati progetti integrati, salvo nel settore spaziale, ove ogni singola azienda specializzata nella propria area di competenza, con il proprio know-how, porta avanti progetti congiunti con grande successo, ovviamente Italia inclusa. Tendenzialmente gli italiani, per natura, sono degli individualisti, ma a volte con la loro originalità, fantasia, se si trovano in un ambiente ideale di gioco di squadra, sono insuperabili. Il nostro DNA culturale ci contraddistingue sempre, è comunque unico nel suo genere, come quello di un pittore o scultore che realizza un’opera d’arte.
Abituato a lavorare per lunghi periodi fuori dal nostro paese, come vede l’attuale situazione politica ed economica italiana?
Purtroppo, la situazione politica italiana, come del resto l’economia, soffre di ingerenza succube di una politica Europea che non ha favorito il modello strutturale italiano. Forse il processo di semi autonomia è all’inizio, ma deve superare grandi difficoltà e compromessi difficili a coesistere nell’attuale contesto di globalizzazione.
L’Italia è stata la quarta/quinta potenza economica mondiale, era protagonista fino a prima dell’entrata dell’euro, malgrado 44 legislature di Governi in oltre 50 anni. L’intraprendenza dell’Italia, senza vincoli restrizioni europee, era competitiva e ogni azienda di qualunque settore esportava prodotti di qualità di ogni genere, dall’agricolo all’industriale: rappresentavamo la nostra unicità e valore senza eguali.
Altri Paesi Europei hanno tratto beneficio dalla globalizzazione e dall’euro, molto meno purtroppo l’Italia: questa sembra aver perso in due decenni la sua sicurezza e identità, creando una generazione o poco più di giovani insicuri, senza più i riferimenti ideologici che si tramandavano da decenni.
A questo si aggiunge la forza della Cina, che sforna 5 milioni di laureati l’anno in confronto ai 500.000 degli USA. Sui beni di consumo la Cina ha raggiunto livelli qualitativi ragguardevoli, dati i costi difficili da eguagliare: basti pensare oggi che ogni cellulare che portiamo in tasca è per un 90% un manufatto cinese. Ritengo che un Paese debba mantenere la propria sovranità e identità monetaria, debba essere padrone del proprio destino e gestirlo in funzione della metamorfosi e delle tendenze che regolano l’economia mondiale, senza condizionamenti e speculazioni esterne.
Ci indichi tre verbi che racchiudano un suggerimento per un giovane Manager all’inizio di carriera.
Studiare e capire le esigenze del mondo in continua evoluzione; Saper Comunicare; Credere in ciò che si vuole.
Bruno Carenini
Partner
AEG Corporation
MAG nr.2, marzo-aprile 2019