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I numeri della Plastic Pollution

Ci sia augura che, a fronte della notevole attenzione dedicata dai media e delle frequentazioni di luoghi vacanzieri, quella del 2019 possa esser definita l’estate della definitiva presa di coscienza dell’inquinamento causato dalla plastica (Plastic Pollution).

Una battaglia, quella contro ciò che deriva dalla dispersione di questo materiale nell’ambiente, che vede impegnate istituzioni, organizzazioni, associazioni, ma che riguarda soprattutto ognuno di noi, perché siamo essenzialmente noi stessi i danneggiati, oltre che i responsabili e i soggetti da cui deve partire una “rivoluzione” che richiede attenzioni, diverse abitudini e principalmente sensibilità e rispetto verso il luogo in cui viviamo, il Pianeta Terra.

L’abuso di plastica è un problema punto e basta, il quale provoca danni in termini di inquinamento, immissioni di sostanze nel nostro corpo e conseguenze dal punto di vista dei cambiamenti climatici.

Secondo i dati Greenpeace, almeno otto milioni di tonnellate l’anno è la quantità di plastica che direttamente o indirettamente finisce nei mari e negli oceani. Questo numero proviene da ciò che sfugge alla raccolta ufficiale e deriva da discariche abusive, oggetti materialmente gettati o abbandonati in natura, che successivamente vento e fiumi trascinano a mare.

La plastica è materiale di durata centenaria ed è soggetta con il tempo, sotto l’effetto di raggi ultravioletti, microbi, vento, onde, temperature elevate, a sciogliersi e trasformarsi in frammenti piccolissimi chiamati microplastiche. Questi, di dimensioni tra i 330 micrometri e i 5 millimetri, possono essere ingerite da molti organismi e accumularsi nei loro corpi e nei tessuti, per penetrare successivamente nel nostro organismo attraverso ciò che mangiamo o beviamo, con conseguenze come la possibile interferenza con il sistema endocrino fino ad arrivare a vere e proprie alterazioni genetiche. I ricercatori dell’Università di Newcastle (Australia) hanno affermato che ciascuno di noi mediamente nell’arco di una settimana ingerisce circa 5 grammi di plastica (2000 particelle di microplastiche) e quindi circa un quarto di chilo l’anno.

Non tutto e non subito, come affermato, viene spezzettato. I pezzi più grandi di plastica arrivano invece a formare delle vere e proprie isole, autentico monumento al comportamento dissennato degli abitanti del pianeta, con numeri impressionanti per dimensioni: prendendo solamente come esempio la Pacific Trash Vortex, “isola” tra la California e le Havaii, questa raggiunge un’estensione stimabile a tra i 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (una grandezza che varia da quella dell’intera Francia a più di dieci volte tanto) e un volume di plastica che varie rilevazioni han ritenuto di 3 milioni o addirittura di 100 milioni di tonnellate.

Entro il 2025 negli oceani ci sarà 1 tonnellata di plastica ogni 3 di pesce, secondo il WWF, ed entro il 2050 (anno in cui secondo uno studio recente condotto dall’Università della California la quantità di rifiuti plastici sarà di 34 miliardi di tonnellate) avverrà il sorpasso.

Riguardo la produzione di plastica, si può rilevare come dagli anni ’30 al 2010 si è passati da 1,5 a oltre 280 milioni di tonnellate prodotte e che queste cifre siano destinate ad aumentare, stimando un incremento della produzione annuale del 40% a fronte di investimenti nel 2010 di 186 miliardi di dollari da parte dei maggior attori del settore petrolchimico.

La citata analisi americana ha rilevato che, a ora, tra la massa di rifiuti plastici prodotti solo il 9% è stato riciclato, solo il 12% bruciato nei termovalorizzatori, mentre il 79% si è disperso nell’ambiente.

L’Italia è il secondo produttore europeo di plastica dopo la Germania, con la quota di 7,2 milioni di plastica prodotti nel 2018. La raccolta differenziata ne ha gestito circa 1,2 milioni di tonnellate, la metà circa della quantità di imballaggi (2,2 milioni), mentre la restante parte è stata destinata all’indifferenziata, quindi in un termovalorizzatore o, in altri casi in discarica, persa nell’ambiente, in fiamme.

Tornando alla quantità presente in mare, numeri non diversi si presentano limitando il campo di analisi alla sola zona mediterranea la quale, da report WWF, subisce ogni anno l’invasione, nelle sue acque, da parte di circa 570 mila tonnellate di rifiuti plastici. Un ritmo di circa 33.800mila bottigliette gettate al minuto nel solo Mar Mediterraneo, che porterebbe a moltiplicare quattro volte il suo inquinamento entro la scadenza del 2050.

Numeri impressionanti, apparentemente fuori da ogni realtà.

Non siamo in una fiction però, è il mondo reale e tutti noi stiamo contribuendo a distruggerlo. Sta a chi sta sopra di noi ma anche alle nostre piccole attenzioni contribuire a salvarlo.

P.S. La durata media della lettura di quest’articolo, dal titolo a questa nota, è due minuti. Da quando hai iniziato a leggerlo, sono state buttate 68mila bottigliette d’acqua nel Mediterraneo.

Vale come monito a far qualcosa di più?


Redazione MAG


MAG nr.5, settembre-ottobre 2019

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