Login

Lost your password?
Don't have an account? Sign Up

Sostenibilità e Generazione Z

“Il mondo si sta svegliando e il cambiamento sta arrivando” ha affermato Greta Thunberg nel corso di una recente manifestazione. Al di là delle possibili implicazioni sull’azione che i Paesi andranno porre in essere per contrastare le emergenze ambientali, occorre mettere in evidenza quanto questa frase sia degna introduzione a una nuova era del “consumatore sostenibile” e i suoi impatti su consumi e mercati, soprattutto alla luce dell’attivismo che sta coinvolgendo la generazione Millenials e, in misura anche maggiore, quella successiva (formata da coloro nati tra il 1995 e il 2010) provvisoriamente chiamata Generazione Z.

Più in generale, un consumatore detto “sostenibile” è colui attento a tutta una serie di aspetti quali il modo in cui i prodotti sono fabbricati, l’eticità delle aziende e perfino la modalità attraverso la quale trattano i lavoratori. Queste sono chiamate a comprenderlo, interpretare le sue esigenze e a proiettare le preferenze dei consumatori negli anni a venire: dovranno riuscire sempre più nello sforzo di allineare i prodotti proposti, e più in generale l’immagine aziendale, ai valori di questo, sempre più sedotto da requisiti etici e attento a valutare ciò che viene proposto secondo la formula nominata “Healthy for Me and Healthy for We”.

Negli Stati Uniti, per capire la realtà del fenomeno, è stato previsto che si spenderanno fino a $150 miliardi in prodotti sostenibili entro il 2021, di cui quelli prodotti ecologici sono ritenuti i più importanti e quelli per i quali si è maggiormente disposti a pagare un sovrapprezzo.

La cosiddetta Generazione Z, si pone in prima linea nell’attuazione del cambiamento, valutato in ottica aziendale, con un’intensità sicuramente maggiore rispetto alle generazioni che l’hanno preceduta: tutti gli indicatori la indentificano come target disposto a spendere di più per un prodotto responsabile nei confronti di ambiente e persone, che si preoccupa meno della fedeltà alla marca e che cerca in maniera attiva prodotti aderenti ai propri valori, dimostrandosi maggiormente disposto a boicottare le aziende che dovessero metterli a repentaglio.

Quattro milioni sono coloro scesi in piazza a sostenere le istanze ecologiste: sono giovani che utilizzano l’attivismo per indirettamente cambiare anche il mercato e renderlo più simile a loro.

Il rischio che corrono le aziende è quello di sottovalutare il fenomeno o, perlomeno, ritenerlo un fattore pronto ad esplodere negli anni a venire, quando maggiormente rilevanti sarà la capacità di spesa della cosiddetta Generazione Z.

Già ora, però, gli indicatori indicano come concrete le implicazioni, stante la sua già grande incidenza nelle scelte d’acquisto, se è vero che, come indica un report Cassandra (2018), il 93% dei genitori affermano l’influenza dei figli Generazione Z nelle abitudini di spesa della famiglia.

Inoltre, a sommarsi a questa e alla loro personale capacità di spesa, occorre sottolineare la loro opera di coinvolgimento nei confronti di altri per mezzo dei social network e la forza che danno a certi messaggi anche solo attraverso il sostegno a determinati creatori di contenuti multimediali.

La fascia di coloro attenti alla sostenibilità appare maggiore tra coloro della Generazione Z rispetto ad altre generazioni e, all’interno di questa,

si differenzia anche per un più intenso utilizzo dei supporti digitali: secondo lo studio recentemente pubblicato da Nielsen e relativo agli Stati Uniti questa passa il 10% in più di tempo a visualizzare siti o app di notizie e informazioni sui dispositivi digitali rispetto ai loro coetanei con meno attenzione alla sostenibilità e trascorre su questi più di sei ore al giorno (circa 20 minuti in più). In particolare, poi, già svolge regolarmente cinque o più attività eco-compatibili.

Tutto questo implica, per le aziende che vogliono intercettare questo segmento, la necessità di dover dimostrare, con questi mezzi, l’aderenza ai suoi valori e di comunicare il modo in cui il marchio contribuisce concretamente alla realizzazione di un mondo realmente sostenibile.

Il caso di Unilever, ad esempio, che ha annunciato la sua decisione di dimezzare l’uso di imballaggi di plastica non riciclata entro il 2025, potrebbe essere benissimo letto e ricompreso in quest’ottica.

La sfida è partita e siamo solo all’inizio.


Redazione MAG


MAG nr.6, novembre-dicembre 2019

author avatar
Editorial1