Media e Coronavirus: la TV torna allettante?
Le restrizioni, l’obbligo di restare a casa, lo smart working, stanno portando a una conseguenza non preventivata: l’aumento dell’utilizzo dei media e, segnatamente, della TV.
In un’era dominata dai contenuti multimediali, dall’uso massiccio dei social network, dal declino dei media tradizionali, soprattutto grazie alla fascia più giovane della popolazione (si veda MAG nr.4, Luglio-Agosto 2019) è già certamente una notizia vedere, accanto al prevedibile trionfo di questi, il ritorno in auge di un mezzo considerato in declino.
Certamente tutti gli aspetti correlati all’emergenza Coronavirus rivestono il carattere dell’eccezionalità, tuttavia l’interrogativo riguarda quanto queste abitudini imposte possano attecchire in una fase successiva, quanto le variazioni potranno consolidarsi e rendere differente il cittadino, il consumatore, il fruitore post pandemia.
Nielsen, dal suo punto di osservazione, ha quantificato l’aumento della quantità di contenuti generali fruiti dal pubblico in circa il 60%, cifra che in alcuni casi e, a seconda dei vari motivi, potrebbe rivelarsi potenzialmente maggiore, vista la ricchezza di opzioni, di canali, la necessità di acquisire informazioni, ma anche di impiegare in maniera differente la parte rimanente di tempo libero, così come la necessità di trovare conforto.
Specificatamente, per analizzare i dati sull’utilizzo totale della TV (TUT), si è analizzato ciò che si è verificato in altri periodi in cui sono accaduti eventi in qualche forma paragonabili a questo, e perciò si è posto l’accento su quanto accaduto durante la tempesta di neve del gennaio 2016 e l’uragano Harvey dell’agosto 2017: riguardo il primo episodio il dato TUT ha registrato un aumento del 45% nel giorno dell’evento rispetto al medesimo giorno della settimana precedente mentre per quanto riguarda il secondo caso si è evidenziato quanto il TUT sia aumentato di ben il 56% rispetto il periodo antecedente.
Il rapporto ha poi messo in risalto quanto il lavorare da casa abbia portato a un utilizzo maggiore della televisione quantificato nell’ordine di tre ore in più la settimana e questo ha riguardato sia la visione di informazione, aggiornamenti, che di film e intrattenimento in generale. L’aumento si è accompagnato, congiuntamente, anche a quello dello streaming video.
Venendo all’Italia, secondo i primi dati e le prime considerazioni, la platea televisiva si è allargata prevalentemente a vantaggio di Tg e programmi informativi e il motivo è facilmente spiegabile con la valanga di interpretazioni, ricostruzioni, fake news cui gli italiani sono stati subissati da social network e app di messaggistica fin dai primi giorni dell’esplosione del fatto, che inevitabilmente spingono verso informazioni maggiormente istituzionali.
In base ai dati Auditel, durante l’ultima settimana di questo febbraio 2020, causa Coronavirus, è stato registrato un aumento nella fruizione televisiva del 6,5% su base nazionale e del 12% limitatamente alla Lombardia.
Prendendo invece come riferimento i giorni che vanno dal 22 al 25 febbraio (quelli della crescita dell’allarme) Silvia Motta di TV Talk ha evidenziato come gli spettatori televisivi, rispetto agli stessi giorni della settimana precedente, siano aumentati di 300.000 il primo giorno e poi, progressivamente di 450’000, 800.000 e 1.100.000 nell’ultimo preso a riferimento, con picchi notati anche per la presenza davanti al televisore dei bambini a casa da scuola.
Interessante porre l’indice su quanto indicato da Havas Media, e cioè sul fatto che, della crescita del 30,9%, tra domenica 23 febbraio e la domenica precedente, di persone che hanno guardato il telegiornale della sera nei canali televisivi normalmente presi a riferimento, questa abbia riguardato una fascia di popolazione generalmente poco attiva nella televisione tradizionale, e cioè le persone di età inferiore ai 64 anni, con alti livelli di scolarizzazione e di fascia economica medio alta.
Quanto durerà questo fenomeno? Si limiterà ad affiancare la bolla Coronavirus e smetterà al cessare di questa? Chiaramente, vista la presenza di una fascia di pubblico più giovane e generalmente poco coinvolta dalla fruizione di questo mezzo, la domanda la si può porre principalmente ponendosi dal punto di vista degli inserzionisti pubblicitari: per comunicare un prodotto a questo target, la TV è tornata ad essere un mezzo efficace?
Utilizzando i numeri forniti da Nielsen negli esempi visti prima riguardo la situazione americana, si vede come il citato 56% di aumento di ascolti TV durante l’uragano Harvey si è rivelato poi del 40% superiore rispetto a quello successivo, mentre nel caso della tempesta 2016 l’aumento di TUT del 45% nel giorno dell’evento è stato maggiore del 49% rispetto allo stesso giorno della settimana successiva. Numeri che sanciscono un sostanziale calo e ridimensionamento del fenomeno una volta ritornate le condizioni “normali”.
Rimane ogni caso il fatto che, nella situazione presente, lo stesso Rapporto evidenza come la scelta dell’inserzionista non può esser disgiunta da considerazioni in base alle quali a investimento dovrebbero corrispondere vendite di beni e servizi e che i consumatori sono ora invitati a non uscire e incentivati, di conseguenza, a forme di acquisto comode, da casa. La considerazione che potrebbe scaturire da quanto esposto è a favore di scelte di canali più consoni a questo scopo.
La crescita televisiva, occorre ribadirlo, poi non è poi andata a discapito di altri media in un gioco a somma zero. Gli stessi social network stanno ribadendo la propria forza, giocando anche in tandem con il mezzo televisivo: prova ne sia che tra gennaio e febbraio, sono stati pubblicati 110.000 tweet relativi alla TV che menzionavano Coronavirus o “COVID-19 (Nielsen Social Content Rating).
È fuor di dubbio, in ogni caso, che una prima rivoluzione (la soprannominata “Infodemia”) c’è stata e ha segnato l’aumento di fruizione televisiva in maniera significativa come da molto non si vedeva, coinvolgendo nuove generazioni poco avvezze a questo mezzo. Contemporaneamente, però, ha provocato un aumento in tutti i mezzi, per cui non ha rivoluzionato i rapporti interni tra questi.
Starà ai dati che nei prossimi mesi giungeranno smentire o confermare le previsioni e indicare con assoluta certezza eventuali nuove tendenze in atto.
Vittorio Guabello
AEG Corporation
Tratto da: MAG online, marzo 2020