I robot che si emozionano ci sostituiranno?
Vista la velocità con cui la tecnologia dei computer quantici va avanti, c’è da aspettarsi che in un tempo non troppo lontano avremo a disposizione robot sensibili alle emozioni e in grado di entrare in totale empatia con l’essere umano, sostituendosi ad esso nei rapporti relazionali […].
Potranno un giorno i robot provare emozioni?
Alla Hong Kong University un team di ricercatori guidati dal professore di Ingegneria elettronica Pascale Fung, ha intensificato gli studi nella direzione dell’interazione emozionale tra uomo robot.
Il robot vivrà le stesse emozioni dell’uomo? Accadrà come nel film “l’uomo bicentenario”?
Tra non molto tempo, per effetto di una progressiva e continua meccanizzazione della società, credo che il meraviglioso film “l’uomo bicentenario (Bicentennial Man) del 1999 diretto da Chris Columbus, basato sull’omonimo racconto di Isaac Asimov e sul romanzo Robot NDR 113, diventerà una realtà.
I temi trattati nel film sono attualissimi, perché negli ultimi anni, l’avvento dei computer quantici e l’automazione si sono trasformati da semplice supporto e aiuto nello svolgimento di attività facilitanti per la nostra quotidianità, in qualcosa di sempre più evoluto e più autonomo.
Questa rivoluzione tecnologica sta trasformando la nostra vita e il nostro vivere in ciò che pensavamo fantascientifico, e l’idea del “robot per amico”, sta diventando concreta.
Del film “l’uomo bicentenario”, mi ha colpito l’importanza che viene data ai sentimenti, cogliendo in modo preciso il modo in cui l’essere umano reagisce alla nuova tecnologia, descrivendo i due approcci: da un lato l’entusiasmo e dall’altro il timore. Timore e paura di quanto una nuova tecnologia possa arrivare a sostituire la razza umana. Se a questo aggiungiamo il timore di non sentirei all’altezza di un’intelligenza artificiale, il gioco è fatto e la paura ci fa sprofondare nelle incertezze. Non posso negare che quel film mi ha entusiasmato; caratterialmente sono molto propenso al desiderio di scoprire e di conoscere ciò che c’è di nuovo, andare oltre confini fino ad ora esplorati, allargando la nostra coscienza umana, anche se appoggiata ad un’intelligenza artificiale.
Ma un robot sarà in grado di replicarci emozionalmente?
Quello che dicono gli scienziati, nei loro studi pubblicati sulla rivista Scientific Reports, è che nei robot possa esistere una «Teoria emotiva», cioè la capacità di immedesimarsi con l’altro e imparare a interagire meglio con gli esseri umani. Le emozioni umane non sono forse il frutto del vissuto emotivo specifico per ogni essere umano? Come può un robot “captare” tutto questo e trasformarlo in perfetto rapport con l’essere umano?
Se è vero che la sopravvivenza di una specie dipende dal legame con altri esseri umani e questo legame è fatto di emozioni, significa che sviluppare questo software per un robot potrebbe mettere a rischio la nostra sopravvivenza. Tutte le nostre emozioni, i nostri sentimenti, il legame che questi hanno con i nostri valori più profondi, sono attivati da stimoli che riceviamo dall’esterno, che a loro volta attivano i “bottoni somatici del cervello limbico” (vedi i miei articoli precedenti) che a loro volta “muovono” l’assetto ormonale e dei neurotrasmettitori, che si manifestano con precisi segnali fisici:
- Frequenza cardiaca
- Sudorazione
- Espressioni facciali
- Gestualità
- Variazione del tono della voce
Tutto questo sviluppa nell’essere umano gioia, tristezza, rabbia, frustrazione, delusione e quindi potremmo piangere o ridere o essere desolati per una sconfitta. Tutto questo lo impariamo attraverso un imprinting emozionale già nell’utero materno. Imprinting emozionale che si sviluppa poi nelle altre fasi di crescita della nostra vita, portandoci ad imparare a riconoscere le emozioni negli altri esseri umani con i quali ci rapportiamo. La cosa straordinaria è che tutte queste emozioni sono espresse sia spontaneamente, che automaticamente, senza alcun controllo cosciente da parte di noi.
Un robot sarà in grado di elaborare le emozioni in funzione delle esperienze che vede, sente, percepisce?
La robotizzazione è già oggi abbondantemente presente nella nostra vita, operando in tutti i campi dello scibile umano come in effetti vogliamo che sia.
I robot sono:
- Specializzati nel costruire le nostre auto e i nostri smartphone
- Utilizzati per servizi di riabilitazione, aiutando le persone a camminare di nuovo
- Assistenti nell’ insegnamento in grado di rispondere alle domande degli studenti
- Software che possono scrivere documenti legali, o scrivere semplici storie per i giornali
- Macchine capaci di comporre musica, possono realizzare dipinti perfetti
- Presenti nelle sale operatorie, laddove è necessaria, una precisione micrometrica.
Un programma di Intelligenza Artificiale (AI) ha battuto un essere umano a “Go”, noto per essere il più complicato gioco da tavolo. Il robot IBM Watson ha battuto i campioni umani a Jeopardy.
I primi passi verso “l’umanizzazione dei robot”
Da un lato, questo periodo evolutivo lo definisco straordinario e affascinante, ma dall’altro mi spaventa pensare che un essere umano si possa innamorare di un robot, fino a voler vivere un’intera esistenza con una macchina. Pensate che già nel 2016 un team di ricercatori americani ha annunciato che è stato messo a punto il primo sistema in grado di riconoscere una decina di emozioni umane in tempo reale, semplicemente dal tono utilizzato dalla persona durante un discorso. Ogni robot grazie a specifici hardware guidati da algoritmi software, è in grado di rispondere a determinati stimoli, per rispondere a una domanda, o per muoversi all’interno di una stanza, e questo permetterà al robot di capire quali strategie deve attuare per raggiungere un dato obiettivo operativo.
L’elemento sconvolgente di tale opera ingegneristica è che il software è costruito per eseguire un apprendimento costante e continuo in modo automatico e autonomo. Lo studio si sta spingendo in campi ingegneristici elevatissimi che porteranno all’applicazione delle “Reti Neurali Convoluzionali” o CNN, che porteranno l’intelligenza artificiale alla piena consapevolezza robotica, con sviluppo di capacità analitiche, di capacità di apprendimento, di capacità comunicazione, di intelligenza emotiva.
La domanda che ci possiamo porre è questa: l’intelligenza artificiale potrà avere una coscienza? Potrà sognare? Certamente questi studi e queste ricerche sulle reti neurali porteranno ad apprendimento automatico, potranno anche generare immagini casuali, oniriche, e credere che anche i robot possano sognare, ma questi software saranno in grado di rendere il robot senziente?
La vera domanda è: se i robot diventeranno esseri umani senzienti, potranno rivoltarsi e combattere contro gli esseri umani che li hanno creati, in un delirio di onnipotenza come visto in qualche film di fantascienza?
Esisteranno robot “buoni”?
La risposta è legata alla capacità intellettiva e valoriale dei ricercatori, che dovranno insegnare a queste reti neurali autonome i valori più puri dell’etica umana, dovranno trasferire regole decisionali etiche e morali, che per intenderei sono quelle che aboliscono le ingiustizie, le disuguaglianze sociali, le guerre. Un software che sia in grado di non giudicare ma l’uomo sarà in grado di trasferire tutto questo? O l’ego, la presunzione, la sete di potere e il desiderio di sovrastare gli altri, saranno trasferiti nell’intelligenza artificiale?
Buona riflessione
Autore: Amadeo Furlan
Amadeo Furlan è membro del Senato accademico, professore e ricercatore di psicologia comportamentale presso la University of Northwest New York USA. Dottorato di ricerca in malattie psicosomatiche PhD, Psico Health Coach e Psico Business Coach: specialista in benessere mentale e fisico, disarmonie psicosomatiche, paure, fobie, motivazione e creazione di team altamente performanti.