Maio Restaurant: nel cuore delle tendenze milanesi, qualità e innovazione conquistano il turismo globale
Vista da qui, il simbolo di Milano, quella “Madunina” tutta d’oro posta sulla guglia maggiore del Duomo, ci fa sentire abbracciati alla città, alla sua cultura, oggi contaminata da un turismo internazionale fatto di business e piacere. Di fronte ai tavoli, le guglie e, sotto, una moltitudine di persone percorre la piazza, mentre altre dentro l’edificio ripetono i gesti di uno shopping di classe che, dal 1918, non smette di attrarre clienti e visitatori da ogni parte d’Italia e del Mondo.
Mi trovo al Maio Restaurant della Rinascente a Milano. Ho voluto tornarci in solitudine, lasciandomi contaminare dal fascino di una location divenuta tendenza e sinonimo di qualità e innovazione nel capoluogo lombardo.
Di proprietà del Gruppo Maio, tra i leader nel settore della ristorazione nazionale, da qualche tempo le iniziative a tema gastronomico proposte in eventi ad hoc hanno catturato le attenzioni di una clientela ricercata e quelle di chi vuol “osare” e conoscere come si fondono le tradizioni culinarie milanesi e del territorio con quelle di altre culture internazionali, mix sapientemente realizzati dallo Chef Luca Seveso e dalla sua brigata.
Nelle scorse settimane mi sono lasciato coccolare dall’atmosfera della “Choco Night” e dell’“Oriental Taste”, preparazioni che hanno esaltato al palato i sapori, riportando a paesi lontani, il tutto affacciato nella Milano più globalizzata di sempre. Ambiente e qualità del servizio hanno fatto il resto, per questo ho voluto estraniarmi dal contesto degli eventi e tornare su questa terrazza da solo, appurando con soddisfazione che l’evento è solo il mezzo che amplifica qualcosa di reale e presente nella filosofia del locale e di chi lo gestisce. La qualità è tangibile nel dettaglio anche nella comune giornata metropolitana, il cliente percepisce una connessione costante con chi lo segue nel servizio. Si fa presto a dire tendenza, alla moda, chic, ma questa volta i rumors e social post che migliaia di volte hanno immortalato piatti e location del Maio Restaurant hanno davvero ragione e questo è il mio personale passaparola…
Vi porto dentro l’organizzazione e la vision del Maio Restaurant, attraverso un’intervista ad Alessandro Maio, proprietario; Luca Seveso Chef, e Veronica Di Giovine, Events & Communication.
Buona lettura.
Inizio quest’intervista con il protagonista assoluto della cucina e dei piatti che rendono parte del successo del Maio Restaurant, lo Chef Luca Seveso.
D. Gli uomini, i grandi professionisti hanno sempre delle origini lavorative, lei non sarà da meno. Vogliamo conoscerle?
R. Io nasco in una cittadina della Brianza, Cantù e da giovane mi spostai con la famiglia a Monza. L’impatto con la cucina è associato a dei gesti che non dimentico: venendo da una cucina povera, a volte arrivavo a sottrarre il ripieno dei ravioli alla mamma per poter avere qualcosa in più nello stomaco. Sembra paradossale, ma la frequentazione della cucina anche per questo motivo, non banale, mi ha avvicinato anche a tutto ciò che avveniva dentro quel luogo. Giovanissimo, ho poi frequentato una scuola alberghiera per poi buttarmi immediatamente nel lavoro, sempre per necessità famigliari. In sintesi, dai quindici anni in poi non mi sono più fermato ed eccomi ora qui, nel cuore della Milano più dinamica e globale. Credevo di poter rallentare i ritmi lavorativi con il passare degli anni, ma nella realtà sono ancora sui fornelli perché la passione non scema, anzi, spinge indirettamente a obiettivi sempre più ambiziosi.
D. Qual è stato il momento in cui ha preso consapevolezza dell’elemento che contraddistingue le sue creazioni, la qualità?
R. Credo sia una consapevolezza, come dice lei, che viene da sé, al momento giusto. Riconosco doverosamente di aver avuto dei grandi maestri, che hanno contribuito alla mia formazione, ma anche al perfezionamento professionale. Attribuisco un grande valore alla “gavetta”: è stata davvero dura all’inizio, quando entravi in una brigata importante dovevi impegnarti, a differenza di oggi, dovevi anche e soprattutto rubare il mestiere, le tecniche e i metodi di processo. Il segreto era portare sempre con sé, dentro una tasca, una penna e un piccolo libricino, dove appuntarti le cose. Nessuno diceva nulla, dovevi osservare e memorizzare. La passione, la dedizione e lo spirito di sacrificio hanno fatto il resto, aiutandomi a far sì che tutto venisse reso più facile nel percorso di crescita professionale.
D. Quanto incide la presenza del territorio circostante in tutto il suo lavoro gastronomico? C’è molta innovazione nelle sue creazioni, c’è qualcosa che la ispira localmente?
R. È Imprescindibile la considerazione quotidiana alla qualità della materia prima racchiusa molte volte nei prodotti del territorio. È un aspetto che non trascuriamo mai. Tutto deve avere uniformità anche in questo contesto, infatti cerchiamo sempre di ottenere il massimo sul fronte della qualità nei nostri piatti. I prodotti del territorio, la materia prima in generale e la stagionalità sono i tre elementi su cui fondiamo la logica di ideazione e realizzazione del piatto.
D. Da quanto tempo prosegue il sodalizio con il Gruppo Maio? Una collaborazione direi vincente.
R. La conoscenza è avvenuta, come capita molte volte, per amicizie in comune, per la precisione sedici anni fa, quando ancora ero lo Chef del Gruppo Armani. Avevo voglia di nuove sfide, di esprimere al meglio la voglia di una cucina innovativa. Il Gruppo Maio ha riposto fiducia nelle mie proposte e questo ha dato vita a una collaborazione che ancora oggi evolve ogni giorno, garantendo molte soddisfazioni non solo ai milanesi, ma anche a persone di passaggio a Milano provenienti da tutto il mondo.
D. Il Maio Restaurant sulle terrazze della Rinascente, di fronte alle guglie del Duomo, è di forte tendenza, serate a tema e menù creativi sono gli assi nella manica di questo successo. Cosa la ispira nel dar vita a tutto questo?
R. Siamo sempre molto attenti a quello che cambia, alle tendenze, a tutto ciò che avviene nel settore e alle nuove esigenze del cliente. Abbiamo l’obbligo di prestare attenzione ai processi di evoluzione e questo implica grande volontà e capacità di adattamento, ma anche partecipazione attiva alla creazione di nostri piatti, che possano essi stessi fare tendenza. Il luogo stesso dove ci troviamo, La Rinascente, è un espositore e incubatore di moda e tendenze. Per questo riusciamo a comprendere meglio anche le esigenze, perché da qui passano persone con stili e personalità differenti, giunte da ogni parte del mondo. Sottolineo, però, che le radici della nostra cucina in tutto questo non perdono mai il loro valore primario.
D. Tra qualche giorno la stagione estiva darà il benvenuto ad altre migliaia di turisti, molti di loro saranno ospiti proprio al Maio Restaurant e potranno assaggiare la sua ottima cucina. Come pensa di accoglierli?
R. Il successo della nostra cucina è tale perché la proponiamo con una semplice lettura: cerchiamo di rendere chiaro il piatto, la composizione, ma anche gli ingredienti utilizzati. Il valore della cucina italiana resta base fondamentale e non accessoria e la soddisfazione è vedere clienti internazionali che mangiano un piatto semplice. come lo spaghetto al pomodoro, sentirsi avvolti dall’intensità del gusto pur assaggiando un piatto davvero semplice.
D. Il food e il mondo della cucina, quello degli chef resi celebri, riscuote oramai un successo a livello globale. Il cibo unisce nella vita privata, sociale, ma anche in quella professionale. Proprio di fronte a questa globalità, lei usa contaminare i piatti che crea con qualcosa che proviene da altre culture?
R. Assolutamente sì. Oltre a contaminare con ingredienti e delle proposte che vanno oltre la cucina del territorio, molte volte arriviamo a contaminare anche i piatti della nostra tradizione. Ad esempio, il nostro spaghetto con il riccio di mare lo accompagniamo con un latte di mandorle e un infuso al prezzemolo.
Eccomi ora con uno dei due titolari del Gruppo Maio e quindi Maio Restaurant, Alessandro Maio.
D. Il Gruppo Maio ha un suo posto d’onore nel panorama della ristorazione italiana con 200 dipendenti, 700 servizi catering annuali, 37.500 coperti mese di cui 13.500 serviti in un unico servizio: una bella storia di eccellente imprenditorialità italiana e tutta famigliare. Cosa mi dice in proposito?
R. La nostra storia nasce in famiglia, come dice lei. Papà e mamma, negli anni’60, si sono conosciuti ad Alassio in Liguria, si sono innamorati e hanno deciso di fare un percorso insieme, non solo di vita, ma anche professionale. Questo percorso comune è durato fino allo scorso anno, quando mio padre è venuto a mancare. Iniziarono i primi passi in una struttura alberghiera ad Alassio, decidendo poi di mettersi in proprio trasferendosi nella terra del Monferrato, a Cereseto Monferrato, un piccolo paese vicino a Moncalvo. In quel territorio, in una località famosa, presero in gestione un tipico locale dell’epoca, molto grande, con la capacità di mille coperti. Ricordo che si lavorava tutti i giorni, con nei fine settimana banchetti, comitive, matrimoni, e sala da ballo il sabato sera e la domenica pomeriggio. In tutto questo, scoprirono di essere degli ottimi imprenditori, ma soprattutto dei gran lavoratori. Decisero così di acquistare un’attività propria e si spostarono in un piccolo paese tra Biella e Vercelli. Il vantaggio consisteva nell’essere in una posizione dal passaggio notevole. Acquisirono un ristorante-albergo con una ventina di camere e fecero gavetta per sei mesi. Il locale fu in pratica riavviato perché funzionava poco, ma quei sei mesi servirono ad imporsi nella ristorazione del posto e da lì in poi tutto è stato un grande successo. Negli anni’90, io e mio fratello, finito la scuola, decidemmo di affiancarli nella ristorazione. Furono anni davvero molto buoni per quel tipo di attività, in quel periodo Biella viveva i tempi d’oro del tessile, c’era davvero tantissimo lavoro e cose da fare. Decidemmo così di ristrutturare il ristorante-albergo di nostro padre nel 1992, io ne approfittai e mi trasferii sei mesi negli Stati Uniti per lavorare in un ristorante, e lì mi vennero alcune idee. Rientrato in Italia, io e Massimo decidemmo di provare a fare catering, allora davvero agli arbori come attività: in Piemonte, a quei tempi, c’erano solo quattro o cinque aziende che lo facevano. Partimmo piano, il primo anno nel 1994 ne facemmo due, l’anno successivo dodici, ed ora parliamo di settecento, ottocento servizi all’anno tra eventi aziendali, matrimoni e privati. Di certo il coraggio e la visione si sono rivelate vincenti e, in parte, il DNA non ha mentito.
D. Nel frattempo, negli ultimi anni, il settore della ristorazione, quello per intenderci di eccellenza anche in location esclusive, si è fatto competitivo. Eppure siete riusciti a mantenere una posizione di rilievo, anzi, i riconoscimenti sono costanti come pure la fidelizzazione dei clienti. Come siete riusciti in tutto questo?
R. Ritengo che la location sia un elemento molto importante, credo sia un fattore dal quale non si possa prescindere. Detto questo, uno resta competitivo se studia, innova, si contorna di persone “capaci”. Mio padre mi ripeteva spesso: “meglio avere un collaboratore più bravo di te, magari difficile da gestire, ma che ti porta la conoscenza, piuttosto che circondarti di persone che gestisci meglio ma che non portano valore aggiunto.” Noi abbiamo sempre puntato a questo aspetto, i nostri collaboratori -e ne abbiamo da tanti anni- hanno sempre contribuito a questo “plus” e molte volte ce li invidiano.
D. Come possiamo definire il successo del Maio Restaurant nella splendida cornice a vista guglie del Duomo? Peraltro, avete da poco inaugurato con successo un Maio Restaurant anche nella centrale via Tritone a Roma, sempre nel rooftop della Rinascente.
R. L’iniziativa del Maio Restaurant a Milano è stato un trampolino di lancio nel mondo dell’alta ristorazione italiana, ma anche una metaforica medaglia, un riconoscimento alle capacità di tutto il Team. Quando sei in provincia, resti sempre un po’ fermo a quel tipo di ambiente, mentre quando affronti iniziative nella grande città o metropoli, la visibilità cambia e apporta una dinamicità differente anche nel modo di concepire il sistema gestione. Posso in questo caso ringraziare il Gruppo Rinascente per quello che ci hanno permesso di fare, ma niente arriva per caso e molto abbiamo messo anche del nostro in questo successo, leggasi professionalità e innovazione.
D. Uno dei fattori del vostro successo riguarda anche le collaborazioni strategiche, solitamente poco valorizzate nel “Made in Italy”, almeno fino a qualche anno fa. Come mai questa considerazione?
R. Perché il cliente è l’unico asset importante che un ristoratore ha e le collaborazioni strategiche servono a garantire le sue nuove necessità. Una volta si diceva che il cliente ha sempre ragione ed un po’ è vero, nel senso che ha delle esigenze e sempre di più nel tempo. Diventa esigente anche con richieste strane, fuori dall’ordinario, però alla fine sono delle richieste, vuole vivere delle esperienze, ricevere delle emozioni e chiede al ristorante se sia in grado di dargliele. Noi siamo qua per questo, per far vivere un’esperienza e dare delle emozioni e in sinergia molte volte quasi tutto diventa possibile.
D. È incontestabile che le persone dopo il periodo di chiusura forzata dentro le mura domestiche abbiamo ripreso a viaggiare e frequentare nel tempo libero caffè, bar, ristoranti, proprio come dice lei alla ricerca di emozioni o esperienze diverse. Se teniamo questo trend come crescita costante, come pensate di affrontare, nella vostra visione di servizio Gruppo Maio, il prossimo futuro?
R. Intanto abbiamo aperto un nuovo ristorante nel cuore di Roma, dove spero di contribuire all’eccellenza di una ristorazione locale già affermata, apportando qualità e innovazione anche alla clientela romana e internazionale che la visita ogni giorno e lo stesso dicasi per Milano. La nostra finalità, in entrambe le situazioni, è anche quella di dare un servizio a tutti i clienti che visitano lo store Rinascente durante l’intera apertura, dalle dieci del mattino alle undici di sera. Pensiamo alle abitudini culturali dei turisti internazionali, ma anche ai semplici desideri dei milanesi che fanno un break nel contesto dello shopping. Ben venga quindi il trend in crescita in termini di frequentazione e il Gruppo Maio proseguirà nel fornire un servizio di confort e qualità di alto livello. Chiudo con un’affermazione del nostro Chef di Milano Luca Seveso: “Per noi il cliente è soddisfatto quando esce dal locale e si ricorda il piatto che ha mangiato: il ricordarlo significa che abbiamo fatto un ottimo lavoro”.
Chiudo l’intervista con la Responsabile Events & Communication, Veronica Di Giovine.
D. Da quanto tempo si occupa di organizzare gli eventi per il Gruppo Maio Restaurant?
R. Da tantissimo tempo, oramai sono quasi quindici anni.
D. Milano, vista attraverso gli occhi di altri ristoratori e addetti al settore eventi, è vista e considerata complessa, ricca di sfumature, invidiabile, ma alla fine anche un po’ critica nella concezione di “location per eccellenza”. Le persone che frequentano certi locali sono molto attente al dettaglio e maggiormente propense alla critica. Qual è invece la sua definizione?
R. Sicuramente complicato. È molto stimolante, ma anche faticoso, le richieste sono davvero tantissime e entrano molto nel dettaglio. Le intolleranze alimentari sono ormai all’ordine del giorno e non è inusuale che su un banchetto di 20 persone vengano segnalate 10 intolleranze diverse. Inoltre, il cliente è sempre più esigente anche sui piccoli aspetti, come la sfumatura del fiore a centrotavola. È complicatissimo proprio per la continua necessità di accrescere la precisione e applicarla in ogni minima cosa e questo richiede un dispendio di energie organizzative e fisiche notevoli. Questa complessità però diviene “sfidante”, perché bisogna davvero diventare bravi per farlo professionalmente.
D. Tutto questo è arrivato dopo la pandemia o le persone erano già così esigenti dapprima?
R. Le persone erano così anche prima della pandemia, sicuramente è però un atteggiamento che è cresciuto nel tempo. Resto davvero stupita da come sono ripresi gli eventi dopo la chiusura: sono ripresi ad un ritmo esponenziale, la gente pare abbia più voglia di vivere, investire nel divertimento in una socialità diversa. Non riesco a spiegarmelo, ma è quello che accade qui a Milano.
D. Quali sono le tendenze che il turista straniero apprezza maggiormente quando partecipa a un evento organizzato dal Maio Restaurant?
R. Il turista è diventato un po’ sofisticato, almeno quello che viene da noi. Non cerca più solo le tagliatelle alla bolognese, piuttosto che il piatto tipicamente italiano. Cerca la buona cucina, e noi abbiamo la fortuna di avere una cucina Italiana creativa, questo viene molto apprezzato. Dipende anche dal nostro target di turista.
D. La televisione, i media e i social hanno accresciuto la curiosità verso il food e i locali che lo propongono?
R. Credo proprio di sì. Il food è un argomento che ormai da anni fa molta tendenza. Pensavo che col trascorrere del tempo si affievolisse invece nulla, la gente conosce molte più cose ed è sempre maggiormente incuriosita e questo la porta a discernere un po’ meglio rispetto a prima, inducendola però a un’esigenza più elevata.
D. Quali fasi sono da considerarsi più complesse nell’organizzazione di un evento: il prima, il durante o il dopo?
R. Io ho la fortuna di lavorare in una realtà dove tutto funziona molto bene, la cucina è una macchina organizzativa perfettamente oliata, la sala funziona alla perfezione… Quindi ho la serenità che tutto andrà per il meglio quando organizzo un evento insieme al cliente e questo è fondamentale e lo giudico la parte facile, cioè l’evento in sé. La parte difficile sono i clienti preoccupati, quelli che chiedono tutto nel dettaglio perché non vogliono lasciare nulla al caso, creando così a volte più difficoltà di quelle che potrebbero esserci. Fortunatamente poi sono tutti felicissimi.
D. Quali sono i programmi in corso e quelli per la stagione estiva ormai prossima a giorni?
R. Per la maggior parte noi organizziamo eventi su richiesta, sia da aziende che da privati. Detto questo, da un anno a questa parte abbiamo iniziato a proporre una cena a tema con cadenza mensile e ogni tanto questa è corredata da una festa organizzata e gestita, oltre che promossa, anche da Rinascente. Nel dettaglio abbiamo appena concluso la “back to the nineties”, serata dedicata agli anni novanta non solo nella musica, ma anche con il menù, ed è stata un successo. A luglio è in programmazione “House of Summer”, una festa d’estate sempre con musica e menù dedicati. Tutto questo ha ricorrenze mensili, in considerazione dell’ottima accoglienza da parte dei clienti.
D. Qual è stato l’evento più bello al quale ha partecipato negli anni e che avrebbe voluto organizzare?
R. Nella realtà è recentissimo, si tratta dell’evento organizzato da Rinascente in occasione dell’anniversario di Diabolik. È stato un evento che ha coinvolto tutte le location della food hall. Tutti abbiamo collaborato per diventare un unico ristorante, ciascuno con le sue caratteristiche, ma in un servizio condiviso, con raffinati finger food e drink a tema creati appositamente per l’occasione, degli ospiti altamente selezionati, e ho avuto la fortuna di partecipare all’organizzazione. Quindi, diciamo, quest’esperienza l’ho vissuta davvero.
D. Quando il business incontra la creatività non sempre i risultati sono eccellenti. La sua attività ha una forte componente creativa, nel contesto della collaborazione con un Gruppo così strutturato come il Maio. Come è riuscita ad integrare tutto questo?
R. Io sono cresciuta professionalmente dentro questo ristorante, quindi, nella realtà, io e l’organizzazione siamo cresciuti insieme. Abbiamo lavorato creando una simbiosi e rispettando reciprocamente le nostre necessità, un lavoro di costruzione continua con altri professionisti e non dimentichiamo che anche nell’organizzazione vi sono poi momenti di regole e disciplina. Diciamo che nel caso specifico è stato facile, io ho iniziato poco dopo l’apertura.
Grazie.
Author: Bruno Carenini
Si ringrazia il Maio Restaurant www.maiorestaurant.com