Legionella: l’infezione portata dall’acqua
Si fa un certo parlare, leggendo le cronache dalle App, dai giornali o dai notiziari televisivi, di legionella e di casi di infezione di questo batterio. Siamo in larga parte a conoscenza, nei casi in cui si manifesta, che ama l’umidità, il caldo, che viene localizzato in ambienti connessi all’acqua e che ogni caso accertato fa scattare una sollecita ricerca della fonte, che in taluni casi finisce per coinvolgere strutture pubbliche o ricettive.
Vediamo nel concreto di cosa si tratta, fornendo cause e dati della sua diffusione.
L’infezione che colpisce l’apparato respiratorio causata da batteri gram negativi del genere legionella è detta legionellosi. Nella gran parte dei casi questi sono della specie Pneumophila e ne sono note 50 specie diverse, suddivise in 71 sierogruppi.
Deve il suo nome a un caso di epidemia scoppiato tra i partecipati al raduno della Legione Americana al Bellevue Stratford Hotel di Philadelphia, nel 1976. In quel caso 221 persone contrassero la malattia e 34 morirono. La cui fonte venne individuata nel sistema d’aria condizionata dell’albergo.
Le legionelle sono presenti in ambienti idrici naturali e artificiali come acque di laghi, fiumi, dighe, fontane, fanghi, vasche d’irrigazione, fontane, piscine, tubature e accumuli in generale.
Vivono con temperature variabili e comprese tra 5°C e 58°C, anche se la temperatura ottimale di proliferazione e di pericolosità è compresa tra 23°C e 42°C, con un pH dell’acqua compreso tra 5 e 8. La crescita è favorita dalla presenza di acqua stagnante e di incrostazioni (calcare e biofilm).
Per la loro bonifica si usa la disinfezione termica, con la circolazione forzata di acqua calda ad almeno 70°C, temperatura alla quale non sopravvivono.
L’infezione si contrae mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente legionella da rubinetti o docce, condizionatori, umidificatori, scarichi di impianti igienici, torri di raffreddamento, condensatori evaporativi e altro.
La predisposizione è maggiore in soggetti di età avanzata, fumatori, con malattie polmonari croniche, con determinate patologie (come ad esempio tumori, diabete) e assuntori di farmaci (ad esempio cortisonici) che causano immunodepressione.
I luoghi in cui le persone sono potenzialmente esposte sono ricompresi in una sfera amplissima: dalle case ai giardini, dai luoghi lavorativi alle zone in prossimità di siti industriali, e ricomprendono una vasta casistica di strutture pubbliche come dai parchi con fontane, piscine a ospedali, case di cura e studi odontoiatrici fino a coinvolgere le strutture turistico-ricettive quali alberghi, campeggi e case vacanza.
Il trattamento della legionellosi passa soprattutto attraverso terapie antibiotiche.
Secondo gli ultimi dati a disposizione e diffusi dall’Istituto superiore di Sanità, i casi di in Italia nel 2015 sono stati 1.569 (corrispondenti a 25,8 per milione di abitanti), di cui 1.548 confermati e 21 probabili, in lieve incremento rispetto alla situazione degli anni precedenti (1497 nel 2014 e 1.347 nel 2013) e in esponenziale aumento rispetto alla situazione di quasi vent’anni prima (nel 1998 il numero si era limitato a 104).
Complessivamente il 78% dei contagi recenti si è verificato in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Piemonte, mentre le altre Regioni e Province Autonome hanno registrato il 22% complessivo. Il Nord ha registrato valori pari a 38,9 casi per milione, il Centro 25,9, mentre il Sud 8,5.
L’infezione presenta un indice elevato di mortalità nel caso non sia in tempo individuata e questo differisce in base alla gravità della malattia, al trattamento antibiotico, al luogo e alla situazione in cui è stata contratta e chiaramente dalla situazione pregressa del paziente. Secondo i dati del 2015, calcolati sul totale dei casi di cui è stato disponibile l’informazione sull’esito della malattia, l’indice è stato pari al 9,5 per cento.
Dei 1.569 casi cui si è accennato, 200 (il 12,7%) sono riferiti a individui che avevano pernottato almeno una notte in luoghi differenti dalla propria abitazione (come alberghi, campeggi e altre abitazioni), 82 (il 5,3%) erano stati ricoverati in ospedale, 38 (il 2,4%) residenti in case di riposo, strutture sanitarie assistenziali o di riabilitazione, 13 (lo 0,8%) facevano parte di comunità chiuse (carcere o altro). Il 50,9% dei pazienti presentava altre patologie concomitanti.
Redazione MAG
MAG nr.1, gennaio-febbraio 2019