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Concentrarsi sul cliente e non sul canale

“Siamo in una fase di profonda trasformazione”: quante volte si è sentita una frase così, associata alle più svariate fattispecie? Anche coloro che si occupano di marketing, analizzando i prodotti, i target e i mercati, convivono (e da molto tempo) con osservazioni di questo tipo; loro stessi prendono atto di determinati fatti in sede d’analisi e sono i primi a giungere a certe considerazioni.

Anche il mondo della vendita al dettaglio (retail), infatti, convive da molto con la trasformazione generata dall’e-commerce e con la crescita dei volumi di vendita attraverso questo canale considerata inarrestabile, con le dovute e differenti velocità a seconda della tipologia di merce.

In piena bolla Coronavirus sono già in molti a prevedere ulteriori trasformazioni nel comportamento del consumatore per quanto riguarda la scelta del canale da utilizzare, una volta lasciato questo periodo alle spalle, e tutto questo nel senso di ulteriore incremento del volume degli acquisti online.

Già il 2019 si è concluso con il dato, riferito agli USA, di oltre 38 milioni di dollari come volume di vendita online nel settore del largo consumo, con una crescita del 30% su base annua.

Crescita inarrestabile? Declino irreversibile per il caro e vecchio negozio “fisico”?

Sembrerebbe di sì se si guardassero i numeri con superficialità e senza considerare la complessità; infatti, le trasformazioni cui accennavamo sono ben più strutturali e il fenomeno delle vendite online vanno inserite in un contesto più ampio, in una trasformazione ormai in atto da alcuni anni del consumatore tradizionale in “omnichannel shopper”, e cioè in acquirente che utilizza sia il canale del negozio sia quello e-shop per giungere all’acquisto, spesso utilizzando un canale in funzione dell’altro.

È in questo grande periodo storico di trasformazione continua che va inserito lo “strappo” che sopraggiungerà a seguito degli eventi degli ultimi mesi. Dimenticarlo o, trascurarlo per analizzare solo questi ultimi significherà avere sempre una visione distorta o, perlomeno, poco aderente alla realtà. Ecco invece che inquadrarlo in un panorama più ampio comporterà l’esatta percezione del fenomeno per chi è preposto all’analisi e lo studio delle soluzioni più appropriate per tutti coloro che, aziendalmente, dovranno misurarsi con i concreti bisogni del proprio target di consumatori.

Perché, è bene sgomberare il campo dagli equivoci, l’avanzata impetuosa degli acquisti online anche nella vendita al dettaglio, le “magnifiche sorti e progressive” di questo canale di vendita, se interpretiamo bene le mosse dei grandi gruppi della vendita online, in ottica del nuovo consumatore precedentemente delineata, non implicheranno, nell’orizzonte temporale di breve medio periodo, una scomparsa dei negozi sul territorio; un loro ripensamento probabilmente, ma la stessa apertura di Amazon di punti di vendita “fisici” presuppone l’entrare in campo per valorizzare il canale, per cogliere gli aspetti positivi nell’ottica di un soddisfacimento del consumatore.

Il soddisfacimento dei suoi bisogni: è proprio questo il punto che implica una diversa visione e la coabitazione dei due concetti; il focus di ogni azione deve e dovrà essere il consumatore, in una visione concretamente Customer Centric, il cui rispetto potrà determinare la riuscita concreta di ogni business.

Analizzare l’incremento delle quote del canale online sarà interessante, ma dovrà necessariamente essere considerato una visione parziale e il confronto con il canale fisico non dovrà esser più posto in termini di contrapposizione.

Questi non sono compartimenti stagni e le stesse aziende, concretamente, non dovranno destinare i budget disgiunti ai singoli canali trattandoli indipendentemente l’uno dall’altro e analizzare i dati di questo e di quello in maniera disorganica.

Occorre pensare al concetto di squadra, di marchio e, conseguentemente, di risposta al soddisfacimento dei bisogni del vero focus di ogni azione concreta: il cliente. Questo soddisfacimento potrà così, se ben interpretato, avvenire nelle maniere più svariate, a seconda di quelle che saranno le risultanze delle singole analisi interne di ogni azienda.

Occorre prima di tutto conoscere, profilare l’acquirente, orientarlo nelle proposte in funzione a quello che cerca. Da qui occorrerà offrire le alternative in funzione dei modi attraverso cui quest’ultimo desidera entrare a contatto del prodotto: si pensi alle modalità di consegna ma anche alle singole maniere attraverso cui è formulato l’ordine. I clienti sono vari e varie sono le esigenze: tutto sta a comprenderle, interpretarle e fornirle. Solo così, attraverso l’interazione dei diversi canali si potranno massimizzare le vendite e migliorare l’esperienza del cliente.

A questo dovrà esse offerto di più che una mera opzione tra fisico e digitale, ma la sinergia potrà e dovrà fornire nuovi percorsi d’acquisto, personalizzati, nuove opzioni di scelta, interazioni che possono aumentare l’informazione online anche a beneficio dell’acquisto nello spazio fisico (si pensi, in caso, all’uso di touchpoint negli shop), oppure la possibilità che i rivenditori possano utilizzare i canali online per attirare i consumatori nei negozi, oppure la presenza di shop online che prevedano il ritiro presso questi ultimi, e via dicendo. È il consumatore che detta le leggi e sta alle strutture deputate alla vendita adeguarsi, pena la scelta del prodotto della concorrenza.

I canali di vendita dovranno, così, essere sempre più integrati, abbattendo le barriere tra l’online o l’offline: il nuovo consumatore non fa più questa distinzione, per lui esiste la marca e i canali di vendita sono per lui un’unica faccia della stessa medaglia.

Anche il mercato retail sta continuamente e inesorabilmente crescendo nella sua complessità: è questa la risultanza, è questa l’inesorabile trasformazione che a passi decisi conduce sempre più verso una nuova tipologia di consumatore.

I dati lo certificano in maniera inequivocabile: a sancirlo è un recente rapporto realizzato da Nielsen e PMI, che ha fotografato la situazione attuale e ha realizzato proiezioni annuali da qui al 2025 riguardo alla quantità di famiglie omnichannel e alla loro percentuale sul totale.

La crescita fotografata è stata costante e la previsione è quella di un mantenimento dello stesso tasso: attualmente negli USA le famiglie che acquistano combinando i due canali (e che quindi hanno acquistato generi alimentari online oltre che nei negozi) sono state, nel 2019, 54,5 milioni e in percentuale il 44% del totale, in aumento rispetto il 41% del 2018 e il 39% del 2017. Per il futuro ci si aspetta un mantenimento di questo trend, con proiezioni che porterebbero la percentuale al 46% al termine del 2020 fino a giungere al 57% del 2025 (con un numero totale di 74,7 milioni di famiglie omnichannel).

La cosa interessante che regala quest’analisi sono anche le proiezioni in base agli acquisti omnichannel in fasce d’età: immaginare un monopolio Millenial o Gen Z, e quindi di generazioni esperte in tecnologia digitale, in questi dati, si rivela una previsione sbagliata visto che i risultati delineano le coorti individuate sostanzialmente in equilibrio tra loro e con la sorpresa della lieve prevalenza degli acquirenti 45-54 e 55-64 anni, in funziona anche della loro maggiore capacità di spesa.

Il nuovo cliente omnichannel si dimostra così rappresentare quasi la metà dei consumatori e, dal 2022, costituirà la maggioranza di questi. Ma il motivo d’interesse da parte delle aziende non dovrebbe essere solo in funzione della quantità, ma anche in relazione alla qualità che essi apportano; innanzitutto in termini di margini: una ricerca elaborata da Manhattan Associates Inc. e Ihl Group e pubblicata a inizio 2020 ha dimostrato quanto ottimizzare i percorsi d’acquisto dei loro clienti omnichannel porti a un aumento sostanziale dei margini da 3 a 8 punti in più rispetto a coloro che non l’hanno fatto. Inoltre, rimane sempre a monito lo studio condotto da IDC nel 2015 (IDC FutureScape: Worldwide Retail 2015 Predictions) che concludeva quanto questa tipologia di acquirente avesse un ciclo di vita del 30% superiore rispetto a quello monocanale.

Ecco allora che viene messo in risalto il motivo per cui le aziende devono (e dovranno) organizzarsi e sviluppare le strategie per attrarre ed entrare in relazione con questo tipo di cliente maggiormente appetibile, conoscerlo, coinvolgerlo e trarne vantaggio dalla relazione; ed ecco perché un’attenzione a questo deve prescindere la suddivisione per canali di vendita che, alla luce di ciò, appare distinzione veramente anacronistica.


Vittorio Guabello

AEG Corporation


Tratto da: MAG online, marzo 2020

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